Scarica il pdf della rivista >>> Kaleidos n. 23 – Universo donna 

 

[pdf-embedder url=”http://www.univpopmestre.net/wp/wp-content/uploads/2018/04/Kaleidos-23-Universo-donna.pdf” title=”Kaleidos 23-Universo donna”]

 

 

 

Già a fine Cinquecento la veneziana Moderata Fonte aveva steso un dialogo sul Merito delle donne, ma si deve a Mary Wollstonecraft l’aver posto con forza la questione della disuguaglianza tra i sessi, sottolineata poi sul piano politico da Olympe de Gouges, quando al tempo della rivoluzione francese, che proclama i diritti dell’uomo e del cittadino, chiede che siano riconosciuti anche i diritti della donna e della cittadina. E’ solo però tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento che la questione dei diritti non è più materia trattata da singole pioniere, ma si delinea con precisione a partire dalle due grandi ideologie del tempo, quella liberale e quella socialista. In Italia si dovrà attendere la Costituzione repubblicana del 1948 per vedere affermata l’uguaglianza formale e contemporaneamente posta l’esigenza della ricerca di quella sostanziale, come evidenziato dall’articolo 3 rispettivamente nel primo e nel secondo comma. Dimostra l’importanza dell’esplicitazione dell’uguaglianza dei sessi, anche dal punto di vista della scrittura giuridica, proprio la vicenda costituzionale. Si
deve a Lina Merlin l’esplicitazione nell’articolo 3, mentre la mancanza di tale precisazione nei successivi articoli riguardanti la magistratura, ha impedito alle donne italiane, fino agli anni Sessanta del Novecento, di diventare magistrato. La completa parificazione giuridica si registra solo nel 1977 e si deve ancora una volta all’iniziativa di un’autorevole politica, qual è Tina Anselmi, che dopo essere stata Presidente della Commissione Parlamentare Lavoro era divenuta Ministra, la prima nella storia della Repubblica italiana. Oggi che uomini e donne sono uguali dal punto di vista giuridico, rimane aperta la questione delle discriminazioni: venuta meno, in Occidente, quella “de iure”, rimane invece quella “de facto”, per quanto riguarda i comportamenti sociali in materia di istruzione, lavoro, vita familiare, relazionale, politica. Per evidenziare il problema dell’esclusione di fatto delle donne da molti ambiti si utilizza la parola “segregazione” che può essere contrastata da azioni positive. Per superare l’asimmetria tra i generi, negli anni Ottanta si è fatta strada l’idea che la parità non basta affermarla ma occorrono
interventi precisi per realizzarla concretamente dando a ciascuno e a ciascuna “pari opportunità”. Lo sostenerono l’Onu e l’allora Cee che attraverso le affermative action iniziarono a promuovere la presenza femminile laddove risultava residuale. Negli anni Novanta le azioni positive entrano anche nella legislazione italiana, dapprima nel lavoro (L.125/1991) poi nell’imprenditoria (L.215/1992). In campo politico istituzionale si traducono nelle quote, necessarie al fine di ridurre lo svantaggio iniziale che incontrano le donne, ad un più esteso accesso alle cariche rappresentative. Anche grazie a questi passi oggi possiamo vedere una legge come La Golfo-Mosca, con la conseguente presenza di donne nei cda pubblici e privati anche laddove fino a pochi mesi fa non ve ne era nessuna (come accaduto nell’Ente gondola a Venezia); quindi la possibilità di evidenziare la doppia preferenza durante le competizioni elettorali. In entrambi i casi si tratta di due passi in avanti, che ci fanno, non solo coltivare una fiducia utile, ma anche continuare a costruire un percorso di affermazione. •

Lascia un commento