A few words from Michael Gluckstern
The Università Popolare thought it would be a good idea if, through their communications media, I wrote a few words to those who have been good enough in recent years to come and listen to what I have to say about things British, so that we don’t lose touch during this nightmarish time.
The two talks I was planning to give in March and April are off the menu, but if all goes well I hope to see you all again in October and present them, and in the meantime perhaps you would be interested in having some idea of what I am going to say.
I originally meant to devote one talk to decolonisation and the second to the Sixties, but perhaps it is a better idea to see them as a whole divided into two parts. Decolonisation is a part of the whole changing picture of Britain on the international stage, which began with the independence of India in 1947, continued with the great Suez mistake in 1956 and the long series of newly independent colonies in the late fifties and early sixties. Strangely, however, most of the population of Britain were not all that interested in this process. Even so many young National Servicemen, unfortunately, died in some of the conflicts that erupted in the more difficult colonies.
The Sixties, and the few years immediately preceding them, were not all enthusiasm and progress. There were great achievements, a substantial general increase in prosperity and the Swinging Sixties – particularly Swinging London – led even many Americans to change their view of Britain as a country of the past; London became a world fashion phenomenon and the Beatles have taken a place in music history. Unfortunately a substantial part of the country did not share in the joy and prosperity of the Sixties because they remained poor and under-privileged.
Both Prime Ministers of the time, Harold Macmillan (1957-1963, Conservative) and Harold Wilson (1964-1970, Labour) took office on a wave of enthusiasm and ended on a note of defeat and discouragement, for reasons that we will see in October and November.
All the very best to you all, take care (wonderful US goodbye)!
Un messaggino da Michael Gluckstern
La direzione dell’Università Popolare ha pensato che fosse simpatico se, tramite i loro mezzi di comunicazione, potessi scrivere qualcosa a quelli che, negli anni recenti, sono stati tanto gentili da venire ad ascoltare quello che ho dire di cose inglesi, anche in modo che non perdiamo il contatto durante questo periodo da incubo.
Le due conversazioni che prevedevo per marzo ed aprile non sono più in programma, ma se tutto andrà bene spero di rivedervi tutti in ottobre e novembre per presentarle; nel frattempo, forse siete interessati ad avere un’idea di quello che ho intenzione di dire.
In un primo momento intendevo dedicare una conversazione alla decolonizzazione e l’altra agli anni Sessanta, ma forse è più giusto vedere le due conversazioni come un intero diviso in due parti. La decolonizzazione fa parte del quadro di una trasformazione del Regno Unito nello scenario internazionale, che iniziò con l’indipendenza dell’India nel 1947, proseguì con l’immane errore di Suez nel 1956 per culminare con la lunga serie di colonie indipendenti negli ultimi anni cinquanta e i primi anni sessanta. Stranamente, però, gran parte del popolo inglese non aveva tanto interesse a questo processo. Nonostante ciò, molti giovani di leva, purtroppo, sono morti in alcuni conflitti che sono esplosi nelle colonie più “difficili”.
Gli anni sessanta, e gli anni che li hanno preceduti, non erano tutto entusiasmo e progresso. Ci furono grandi imprese ed un aumento considerevole di benessere economico, e “the Swinging Sixties” e in particolare “Swinging London” portarono perfino molti americani a modificare la loro opinione del Regno Unito come uno stato del passato; Londra divenne un fenomeno di moda globale e i Beatles hanno trovato un posto nella storia della musica. Sfortunatamente, una parte considerevole del paese non ha condiviso la gioia e la prosperità degli anni sessanta, rimanendo indigente e sottoprivilegiata.
Entrambi i Primi Ministri di quel periodo, Harold Macmillan (1957-1963, conservatore) and Harold Wilson (1964-1970, laburista) sono entrati in carica su un’onda di entusiasmo e hanno lasciato su una nota di sconfitta e scoramento, per motivi che vedremo in ottobre e novembre.
Tanti cari saluti a tutti, take care (bellissimo saluto USA)!