Scarica il PDF > Kaleidos n. 31 – Aspetti di lavoro e di vita

Editoriale di DANIELA ZAMBURLIN

‘L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro’. Una frase che non ammette repliche, forte, chiara, che ha parlato e parla a milioni di persone e riassume in pochissime parole un programma sociale ed economico: il lavoro conferisce dignità all’individuo che lo esercita consapevolmente come diritto-dovere, come valore ma anche come problema. È il primo comma dell’articolo 1 della nostra Costituzione.

Nel 1946, anno in cui l’Italia diventò Repubblica, questo principio era del tutto nuovo, anche rispetto alle Costituzioni che venivano formulandosi od erano state formulate in Europa, per esempio in Francia.

Sembra dunque utile, in apertura del numero monografico che Kaleidos dedica al lavoro, ripercorrere ancorché sinteticamente, il cammino del primo comma dell’articolo 1: riteniamo che questa non sia solo una operazione di memoria – che sarebbe già di per sé ricca di significato – ma anche un omaggio a coloro che hanno scritto le regole del nostro vivere civile, infine un motivo di riflessione.

Il percorso dell’articolo 1 della Costituzione è stato lungo, ha richiesto ore e ore di discussione, un’enorme quantità di testi presentati, modificati, scartati. C’è attesa e speranza, ma anche paura di sbagliare, perché è evidente che se si sbaglia sarà per sempre e per tutti.

La prima proposta porta la data del 1° novembre 1946 e la presenta il liberale Mario Cevolotto: ‘Lo Stato Italiano è una Repubblica democratica’. La formulazione non convince Aldo Moro a nome della Democrazia Cristiana, che chiede di inserire un riferimento al lavoro come fondamento della democrazia. Togliatti propone la dizione della sinistra ‘Repubblica di lavoratori’. Pareri e proposte si susseguono, inopportune e vistose differenze stilistiche rallentano il percorso verso la stesura definitiva di un testo che risulti chiaro e duraturo.

Si giunge alla stretta finale a Montecitorio nel marzo del 1947: Togliatti, assieme ad altri tra cui Nenni e Paolo De Michelis, propone come primo comma dell’articolo 1 ‘L’Italia è una Repubblica democratica di lavoratori’. Per la sinistra parla Giorgio Amendola: “Se credete nel lavoro, proclamatelo nella prima riga della Costituzione” Amendola si dichiara convinto che una affermazione concorde su questo primo articolo sia possibile e che avrebbe un grande significato mettendo in primo piano i lavori creando tra i partiti una unità di intenti, un terreno comune per affrontare le difficoltà della scrittura degli altri articoli della Costituzione. Randolfo Pacciardi approva la proposta della sinistra anche a nome dei Socialdemocratici, dei Demolaburisti e degli Azionisti.

È un sentire comune: la Repubblica deve essere fondata sul lavoro, deve onorare il lavoro, deve essere presidiata e difesa dalle classi più numerose e benemerite della popolazione che sono le classi lavoratrici.

La formulazione ‘fondata sul lavoro’ trova l’appoggio della Democrazia Cristiana (Dossetti, Moro, La Pira, Fanfani, il gruppo dei cosiddetti professorini) e quello della sinistra dopo che era stata respinta la formulazione ‘Repubblica di lavoratori’. La nuova formulazione viene approvata anche da partiti che avevano presentato formulazioni molto diverse per esempio il partito Repubblicano, La Malfa, lo stesso Pacciardi e altri. L’emendamento della ‘Repubblica democratica di lavoratori’ viene battuto per poco, 227 voti contro 239. Amintore Fanfani sostiene allora la proposta che sarà definitiva: forse perché la discussione era stata molto lunga e si era temuto uno scontro gravissimo a così poca distanza dalla ricostruita unità d’Italia. Quando l’articolo fu approvato tutti si alzarono in piedi e ci fu un grande applauso.

Da allora sono passati molti anni ed è impossibile non sottolineare le profonde differenze che distinguono i nostri giorni e le nostre vite: siamo ormai giunti nell’era dell’informatica e della robotizzazione attraverso diversi e difficili passaggi, lotte sindacali, crisi economiche, tutele negate o di difficile applicazione, problemi legati alla globalizzazione o alle massicce migrazioni dovute a guerre, povertà, bisogno. Il lavoro femminile che pur ha conosciuto notevole incremento, è ancora poco tutelato e non recepito come base della vera emancipazione e qui andrebbe fatta una riflessione sul lavoro di cura; servirebbero anche definizioni e tutele per il lavoro intellettuale e un incremento alla ricerca. Resta però, pietra miliare di ogni possibile cammino sulla strada della giustizia sociale, quell’affermazione della Costituzione, un riferimento irrinunciabile e una garanzia.